Pagine

venerdì 8 giugno 2012


L'affresco della Creazione di Adamo, una delle nove scene tratte dalla Bibbia realizzate da Michelangelo fra il 1508 e il 1512 sul soffitto della Cappella Sistina, racchiude un mistero molto affascinante. Secondo alcuni studi sembra infatti che il "guscio" rosso entro cui è racchiuso Dio (nella parte destra dell'affresco) sia una rappresentazione della parte destra del cervello umano. Michelangelo aveva eccellenti conoscenze anatomiche, nonostante in quei tempi fosse vietato sezionare cadaveri per motivi di studio. La cosa ancora più sorprendente è che la parte destra del cervello umano è quella che sovrintende alla fantasia e alla...creazione. L'idea di un "cervello divino" dedita alla creazione del genere umano: un concetto reso straordinariamente bene da Michelangelo.    
Veronika Maneva        

mercoledì 6 giugno 2012

La Sibilla Cumana

Nel mondo antico..

E’ noto che nel mondo antico molte divinità disponevano di indovini, pitonesse o profeti che, a nome del dio, emettevano oracoli o predizioni.

Tuttavia era diffusa la credenza che prima di questi personaggi fossero esistite alcune speciali interpreti della parola divina, esclusivamente di sesso femminile, non soggette al passare del tempo, isolate dal mondo e poco inclini a mostrarsi ai questuanti: erano le cosiddette SIBILLE.

La Sibilla Cumana di Michelangelo..

La Sibilla Cumana di Michelangelo venne affrescata tra il 1508 e il 1511 circa.

Venne rappresentata da Michelangelo come una vecchia dalla corporatura gigantesca: il volto è chiaramente segnato da numerose rughe, mentre la carnagione scura potrebbe essere un ulteriore segno dell'età avanzata. La donna ha molti muscoli e la sua figura sembra appesantita, ciò si lega molto allo stile dell'artista ( per Michelangelo, infatti, la vita è un travaglio, un luogo di peccato e di dolore, un viaggio terreno in cui il corpo è sottoposto agli affanni, ai travagli, alle pene che, evidentemente, non risparmiano nemmeno le profetesse ).  

La possente volumetria, evidenziata dalle profonde ombreggiature, le dà un risalto scultoreo e un notevole effetto dinamico: essa è seduta sul trono con il busto ruotato verso sinistra, diversamente dalle gambe, con un’inclinazione contraria.

Dal punto di vista cromatico le calde tonalità arancioni del suo mantello sono bilanciate dall'azzurro della tunica e il verde del libro, creando così una armoniosità cromatica di grande effetto. In testa indossa un turbante, elemento che, forse, ne vuole evidenziare le origini orientali.

Cosa fa?

Dall'espressione dura e concentrata del volto e dall'apertura delle labbra pare quasi che la Sibilla si stia sforzando per decifrare il significato delle scritture o stia affidando la sua profezia appena letta dal libro, appoggiato su un cuscino sopra il lato sinistro del trono, ai due angioletti, i puttini rappresentati accanto a lei. Quest'affresco sembra evidenziare più degli altri la funzione profetica della Sibilla. Il suo sguardo, come quello dei puttini, è rivolto al libro; questo elemento induce colui che guarda l'affresco a focalizzare l'attenzione sul libro stesso. Sia il libro, sia le tavole, in mano ai puttini, sono considerati elementi caratteristici delle Sibille pagane, ma questi simboli, originariamente pagani, hanno subito una sorta d'evoluzione e sono stati  reinterpretati poi in senso cristiano.

Interpretazioni

Il libro, interpretandolo in chiave cristiana, potrebbe essere associato alla Bibbia. Nella tradizione letteraria si era infatti parlato dei libri Sibillini, che qui si coincidono con un unico grande libro.

Le tavole in mano ai puttini, invece potrebbero essere quelle dei dieci comandamenti.

Influenze

La posizione della Sibilla nella campata centrale dell'intera volta ricorda la sua fondamentale profezia riportata da Virgilio nella IV egloga delle Bucoliche, in cui preannunciò la nascita di un bambino nel regno di Augusto che avrebbe dato origine a una nuova progenie celeste in grado di riportare l'Età dell'oro: si tratta della più importante profezia in ambito pagano riletta in chiave cristiana, che spianò la strada al raccordo tra cultura classica e dottrina cristiana dell'Umanesimo.

Inoltre, Michelangelo si rifà chiaramente al topos della Sibilla longeva presente, anche dal VI libro dell'Eneide:

Enea, dopo essere stato a Cartagine dalla regina Didone, e dopo aver celebrato i giochi funebri in onore del padre Anchise, si recò a Cuma per farsi prevedere il futuro dalla Sibilla cumana. Sbarcato sulle spiagge di Cuma, Enea si inerpicò sulla rocca per incontrare la Sibilla mentre gli altri superstiti Troiani andavano alla ricerca di acqua e di cibo. Alla vista di Enea la Sibilla invocò il dio Apollo  il quale prese il controllo del suo corpo e parlò per suo tramite. Enea chiese all’Oracolo un rifugio sicuro nel Lazio per i Troiani e la liberazione dalla cattiva sorte che li accompagnava, in cambio avrebbe costruito un nuovo tempio per il Dio Apollo e avrebbe istituito dei giorni festivi in suo onore. Il dio rispose che i Troiani non sarebbero mai dovuti arrivare nel Lazio poiché li attendevano numerosissime guerre. Ad Enea sarebbe toccato di affrontare un altro uomo forte come Achille, questi era Turno, re dei Rutuli. Causa di tutto ciò sarebbe stata Lavinia, figlia del re Latino, che era stata promessa sposa sia ad Enea sia a Turno.

Oltre all’attività oracolare nel poema di Virgilio la Sibilla è colei che conduce e guida Enea nell’oltretomba.

Isabella Zuan 

martedì 5 giugno 2012

DIO CREA IL SOLE, LA LUNA E LA TERRA

L’affresco, conosciuto anche come “Creazione degli Astri e delle Piante” ,fu realizzato da Michelangelo Buonarroti tra il 1511 e il 1512 come decorazione della Cappella Sistina, commissionata da Papa Giulio II a Roma.

LA SCENA

La scena venne dipinta in sette "giornate" d'affresco, a partire dall'angolo in alto a destra. I disegni dei cartoni vennero riportati tramite la tecnica dell'incisione diretta, mentre i dischi del sole e della luna vennero disegnati direttamente sull'intonaco, col compasso.



La scena fa parte del gruppo di tre scene legate alla Creazione del mondo, con la Separazione della luce dalle tenebre e la Separazione della terra dalle acque. L'ordine sequenziale del testo biblico vedrebbe la Separazione della terra dalle acque come seconda storia, ambientata nella seconda giornata, ma venne riservata alla Creazione degli astri e delle piante (terzo e quarto giorno della creazione) un riquadro maggiore, rompendo quindi la successione "storica". Come già annunciato precedentemente Michelangelo si rifà alla Genesi e più specificatamente al seguente passo:



E Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto...» E così avvenne (Genesi 1,11)... Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno. (Genesi 1,13)...Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. (Genesi 1,16)...E Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno.(Genesi 1,19)



DESCRIZIONE DELL’IMMAGINE

La scena può essere divisa in 2 parti asimmetriche:
  •    a destra, Dio è ripreso di fronte, mentre crea, con un gesto che sembra travolgere tutto, i cerchi del sole splendente e quelli della più pallida luna;

  •  a sinistra, con ardita visione di spalle, Egli è raffigurato mentre dà origine al mondo delle piante.

L'Eterno è colto da un vento impetuoso che gonfia i panneggi e gli scompiglia capelli e barba, simbolo della potenza generatrice divina.

 Le due immagini sono strettamente complementari e fortemente dinamiche e potenti, alternate in quanto una volta Dio è visto di fronte e una volta di spalle.

 Le due metà non sono esattamente simmetriche, con una preponderanza per la scena a desta, in cui Dio fluttua avvolto da un mantello gonfiato da un vento vigoroso in cui si trova un piccola ma significativa corte angelica (da alcuni identificata come allusione ai quattro elementi). Se da questo lato sembra muoversi impetuosamente verso lo spettatore, a sinistra se ne allontana scorciando.



I COLORI



La cromia è tutta giocata sulle tonalità del violetto della veste del Creatore, comune a tutte le tre storie della Creazione del Mondo, e sui colori freddi del grigio e dell'azzurro chiarissimo, con l'unica eccezione dell'intenso sole al centro, rappresentato come un disco dorato, mentre la luna ha la forma di una sfera perlacea.
Il viola era il colore dei paramenti sacerdotali durante la Quaresima e l'Avvento, due tra le solennità più importanti celebrate dalla corte papale nella cappella.


Kelly Fregolent

lunedì 4 giugno 2012

Il Profeta Daniele


Questo affresco, di dimensioni piuttosto imponenti (395x380 cm) fa parte del complesso degli affreschi di Michelangelo apportati alla volta della Cappella Sisitina sotto la commissione di Giulio II. Si inserisce nella settima campata e fa parte dell’insieme delle sibille e dei profeti, raggruppati sotto al nome di veggenti. Potremmo datare la pittura di questo energico e crucciato profeta tra l’autunno del 1511 e l’autunno del 1512.

Il restauro dell’opera ci permette di ammirarla in vivi colori nonostante le infiltrazioni di acqua che l’avevano sbiadita, infatti oggi possiamo renderci conto del fantastico panneggio che insiste sulle pieghe e che è stato realizzato tramite l’uso di diverse sfumature di colore e di tinte cangianti.

Il nome del profeta è ben leggibile in una tabella sotto al suo trono. Tenendo presente una certa differenziazione psichica, che denota la grande attenzione di Michelangelo nel riprendere e studiare a fondo i moti dell’animo leonardeschi, il profeta Daniele ci mostra il suo turbamento mentre legge dal libro che rappresenta lo Spirito Santo e ne trascrive le visioni del mondo su un foglio appoggiato a un leggio alla sua destra. L’enorme libro da cui legge è sorretto con una certa fatica dalle spalle e la schiena un piccolo putto tra le possenti e volumetriche gambe di Daniele. Un altro putto sembra spiare le sue azioni da dietro le sue spalle, col capo coperto da un velo. Per rendere meglio gli effetti della luce e per evidenziare la rilevanza di Daniele in primo piano, questo secondo putto è lasciato a un abbozzo meno particolareggiato e quasi offuscato dall’ombra del profeta; questa tecnica ci ricorda in particolar modo il bassorilievo.

Questo profeta seduto e intento nella sua attività di trascrizione si mostra in tutta la sua imponenza dovuta all’impianto volumetrico tipico del Michelangelo. Si osservino i piedi che spuntano da sotto le vesti, le spalle forti e il braccio possente che tiene il libro, su cui l’artista ha avuto la cura di descrivere dettagli anatomici quali i muscoli e addirittura alcune venature sulla mano. La posa sbilanciata a sinistra dovuta all’impegno nello scrivere del profeta si mostra dinamica e soprattutto scaturisce l’energia che esprime questa possente figura.

Ebbrezza di Noè


Seguendo l’ordine cronologico degli eventi descritti e percorrendo così con lo sguardo il soffitto della Cappella Sistina dall’affresco rappresentante la Separazione di luce e tenebre, l’Ebbrezza di Noè è certamente l’ultimo affresco della zona centrale della volta. L’affresco è incorniciato da finti marmi, che formano agli angoli dei troni dove 4 ignudi siedono silenziosi. Questi nelle loro pose improbabili pose fissano a gruppi di due dei tondi che si trovano accanto ai loro piedi. Ma entrando nel vivo dell’opera, ci concentriamo ora nell’esame dell’episodio centrale. La Bibbia, nel libro della Genesi, descrive così i fatti:

“I figli di Noè che uscirono dall'arca furono Sem, Cam e Iafet; Cam è il padre di Canaan. Questi tre sono i figli di Noè e da questi fu popolata tutta la terra. Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna. Avendo bevuto il vino, si ubriacò e si denudò all'interno della sua tenda. Cam, padre di Canaan, vide la nudità di suo padre e raccontò la cosa ai due fratelli che stavano fuori. Allora Sem e Iafet presero il mantello, se lo misero tutti e due sulle spalle e, camminando a ritroso, coprirono la nudità del loro padre; avendo tenuto la faccia rivolta indietro, non videro la nudità del loro padre.”

Noè cede quindi alla gioia di essere scampato al diluvio universale bevendo un bicchierino di troppo.

La scena è suddivisa in due momenti, accentuati per la differenziazione dell’ambientazione. A sinistra Noè si trova nel campo, intento a piantare la vigna e curare le sue piante; veste una tunica rossa ed è colto nel momento in cui sta per piantare il badile per terra. La scena ha luogo in pieno giorno: il cielo è infatti azzurro e la zona dell’affresco è ricca di colori vivaci. Spostandoci a destra si esamina invece quella che è la vera scena protagonista dell’opera. L’ambiente è più scuro, segno o che la scena si svolge all’interno oppure anche segno di un cambio nell’orario di ambientazione dell’avvenimento, che ha forse preso luogo nel corso della notte. Noè, accasciato al suolo, è ubriaco e giace nudo sopra al mantello che prima lo copriva. I tre figli, Cam, Sem e Iafet, si sono riuniti accanto a lui dopo che Cam era andato a raccontare agli altri due fratelli le condizioni pietose in cui si trovava il padre. Qui iniziano le discrepanze con il testo biblico; infatti mentre la Genesi dice che i figli, prendendo un mantello e camminando all’indietro, tentarono di coprire le nudità del padre, nell’affresco tutti i personaggi sono nudi, coperti solo da piccoli veli e non si preoccupano di ne coprire loro stessi ne di coprire il padre. Si guardano e indicandolo dai loro volti traspare un sentimento di disagio e grande sconvolgimento. Osservando poi la scena circostante notiamo che essa si svolge al’interno di un edificio di legno, quasi certamente dedicato alla maturazione del mosto in vino. Ciò è provato dall’enorme catino che si trova alle spalle dell’anziano e la brocca che si trova immediatamente di fianco. La scena è molto scura e mette in risalto i corpi dei 4 uomini che si confondono l’uno con l’altro non solo per il colore quasi identico, ma anche per la stretta vicinanza dei corpi.


Chiara Candon