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sabato 28 aprile 2012

La Sibilla libica



La Sibilla libica, dipinta durante gli ultimi mesi dell’anno 1512, si trova nella nona campata dalla porta d’entrata principale della Cappella Sistina.

Questa profetessa è rappresentata nell’atto di alzarsi dal suo trono mentre appoggia o raccoglie un libro dietro di sé in una posizione assai complessa, dato che l'inclinazione sia degli arti sia del capo sottolinea la torsione del corpo su se stesso, che cerca di slanciarsi più in alto possibile.
Anche il piede destro teso in punta sembra risentire dello sforzo necessario per sostenere il corpo della Sibilla, mentre l’altro è appoggiato ad un cubo di legno.
La parte superiore del busto è scoperta e le spalle nude vengono rivolte all’osservatore.
I colori utilizzati in questo affresco sono assai vari: dal violetto/rosa al giallo e dal grigio al verde. La gamma di tinte dona una notevole luminosità e crea una delicata e gradevole armonia sia  nel chiaroscuro sia nei toni dell’opera.

Una Sibilla Sorpresa

La Sibilla Deifica fa parte di quell’insieme di figure che, nella volta della Cappella Sistina, si trovano attorno alle rappresentazioni della fascia centrale. La Sibilla Deifica, come le altre quattro sibille e i sette profeti, si trova seduta su un trono sotto al quale c’è un’iscrizione che la identifica.
Come molte opere pittoriche di Michelangelo è caratterizzata da una particolare scultoreità e presenza fisica, dovuta anche al particolare amore del pittore per la scultura più che per la pittura. La Sibilla infatti, come gli altri personaggi dipinti nel cornicione e nei decori, compie una torsione come se obbligata a rimanere in uno spazio a malapena sufficiente a contenerla. La presenza corporea del personaggio è sottolineata anche dai colori usati da Michelangelo nel dipingerla, indossa infatti un lungo mantello azzurro foderato di arancio vivo sopra a un vestito verde chiaro. I colori cangianti e il panneggio contribuiscono anche a esaltare i senso di movimento della figura. Dietro di lei è raffigurato un fanciullo che regge un libro aperto mentre un altro lo sta leggendo. La sibilla regge con il braccio sinistro un rotolo di pergamena di cui però noi non riusciamo a leggere il contenuto. Il suo sguardo è rivolto verso destra con un’aria sorpresa, come se avesse appena visto  di persona la conferma della profezia scritta sulla peregamena.

La creazione di Eva

La Creazione di Eva (Genesi 2,18-25) fu eseguita verosimilmente nell'autunno del 1511. Drastica fu, a partire da questa scena, la riduzione del numero delle "giornate" necessarie al completamento: da dodici/tredici a solo quattro. Ciò spiega la velocità con cui la seconda metà fu realizzata (appena un anno), anche per via delle continue e pressanti sollecitazioni del papa, che infatti morì pochi mesi dopo la scopertura, avvenuta il 31 ottobre 1512.
La scena venne dipinta dalla testa di Adamo dormiente col braccio e una parte dell'albero (prima giornata), poi il resto del suo corpo (seconda giornata), Eva e il paesaggio (terza giornata) e infine il Creatore. Michelangelo usò dei cartoni che vennero riportati con la tecnica dello spolvero.
Ascanio Condivi, nella biografia di Michelangelo (1550), la descrisse così: «della costa d’Adamo ne trahe la donna, laquale fù venendo à mani giunte, et sporte verso Iddio, inchinatasi con dolce atto, par che lo ringratie, et che egli lei benedica».
Descrizione e stile
La Creazione di Eva è il riquadro al centro dell'intera volta, dove per la prima volta Michelangelo dipinse la figura dell'Eterno, poi protagonista di tutte le altre scene verso l'altare. Essa fa parte del gruppo delle tre storie dei progenitori, al centro tra le tre storie della Creazione del mondo e le tre storie di Noè.
L’importanza data ad Eva dalla posizione centrale è spiegabile con la lettura simbolica delle scene come prefigurazioni del Nuovo Testamento. Essa era spesso indicata come simbolo di Maria, che a sua volta simboleggiava nella tradizione teologica la Chiesa. La creazione di Eva dal costato di Adamo era quindi paragonabile alla nascita della Chiesa dal sangue del costato di Gesù crocifisso.
Della scena fornì una vivace descrizione Giorgio Vasari: «fé il suo cavar della costa della madre nostra Eva, nella quale si vede quegli ignudi l'un quasi morto per essere prigion del sonno, e l'altra divenuta viva e fatta vigilantissima per la benedizione di Dio».
Adamo è disteso nell'angolo inferiore a sinistra, con una posizione diagonale, più o meno perpendicolare a quella del corpo di Eva che si alza, sollecitata da un gesto eloquente dell'Eterno in piedi davanti a lei (nelle altre scene invece Dio è sempre in volo). Dio, avvolto in un ampio mantello violaceo, che lascia appena scorgere la tunica violetto che indossa nelle altre scene, ha uno sguardo intenso e alza il braccio destro, che, come negli altri episodi, è il vero motore dell'azione. Il braccio alzato sembra infatti guidare Eva verso l'alto, mentre essa emerge gradualmente con le mani giunte benedicenti, da Adamo disteso addormentato. La composizione è resa particolarmente efficace dal un gioco di linee perpendicolari e parallele: il corpo di Adamo è parallelo allo sporgenza rocciosa e al braccio divino, mentre quello di Eva appare come continuazione del braccio disteso di Adamo, parallelo al tronco secco. Le teste dei protagonista sono disposte poi su un unico asse che attraversa diagonalmente l'intera scena. I corpi dei progenitori appaiono come quelli di adolescenti, diversi da quelli di atletici adulti nella scena del Peccato originale.
Da un punto di vista stilistico, la figura di Dio riprende lo spessore monumentale ed eroico delle figure di Masaccio (nella cappella Brancacci). Originale è invece la capigliatura e la barba bionda del Creatore, grigia negli altri episodi. La scena della Creazione di Eva ha come precedente iconografico più vicino la formella della Porta Magna a Bologna di Jacopo della Quercia, studiata da Michelangelo anni prima e probabilmente rivista nel 1511, in cui i tre protagonisti hanno una collocazione molto simile.
Il paesaggio è spoglio e sintetico: si vede un lembo di mare sotto un cielo azzurro chiaro e un prato verde, mentre il primo piano è composto da un gruppo di rocce digradanti verso destra con un albero secco a cui è appoggiato Adamo.


venerdì 27 aprile 2012

Quel profeta titanico



 
DESCRIZIONE GENERALE -


La cosa che più colpisce di Giona, e in generale di tutti i Veggenti, è il fatto che tutti sono dipinti con forme vigorose e sovradimensionate, quasi costretti a stare all’interno dei loro troni muovendosi con ampie torsioni delle membra.
Giona fu una delle ultime figure ad essere affrescate poiché Michelangelo, per dipingere la volta, iniziò dalle campate vicino alla porta d’ingresso per arrivare alla campata sopra il Giudizio Universale. Giona dunque, che si trova proprio sopra l’altare fu una delle ultime realizzazioni di Michelangelo. Per affrescare il profeta furono necessarie dieci "giornate".
Ovviamente  non poteva mancare il commento del Vasari circa la figura del profeta Giona e queste sono le sue parole: «Ma chi non amirerà e non resterà smarrito veggendo la terribilità dell'Iona, ultima figura della cappella? Dove con la forza della arte la volta, che per natura viene innanzi girata dalla muraglia, sospinta dalla apparenza di quella figura che si piega indietro, apparisce diritta e vinta dall'arte del disegno, ombre e lumi, pare che veramente si pieghi indietro?»
                                                                                                                                                        

STORIA
Giona, figlio di Amittai, è ordinato da Dio di andare a  predicare la conversione ai pagani di Ninive. Giona, invece di seguire i comandi imposti da Dio, si ribella e fugge a Tarsis su una nave che è investita da un temporale e rischia di affondare. Il profeta allora ritrova improvvisamente il proprio coraggio e svela ai compagni di viaggio che la colpa dell'ira divina è sua, poiché ha rifiutato di obbedire al Signore.
Così Giona viene gettato in mare, ma un "grande pesce" (alcuni ipotizzano sia una balena) lo inghiotte. Dal ventre del pesce, dove rimane tre giorni e tre notti, Giona rivolge a Dio un'intensa preghiera, che ricorda uno dei Salmi. Allora, dietro comando divino, il pesce vomita Giona sulla spiaggia.

                                                                                                                            
DESCRIZIONE                                                                                          
La figura predominante è sicuramente il profeta. Il corpo è l’elemento che più sconvolge chi guarda e rappresenta al meglio lo stile di Michelangelo nel dipingere i corpi umani. Forza, tensione e vigore sono le caratteristiche che scaturiscono da questa figura.
Giona, come scrive anche Vasari, è impostato a uno straordinario virtuosismo illusionistico, che cerca di annullare l'effetto della curvatura della volta tramite l'inclinazione del corpo del profeta. Anche Ascanio Condivi sottolinea la "stupenda" capacità di "girar le linee, negli scorci e nella prospettiva", data dalla violenta torsione del personaggio all'indietro lungo un asse obliquo, bilanciata sulla destra dal grande pesce e i due fanciulli assistenti. Uno di loro sembra reggere il pesce, l'altro, con una mano sollevata, ha un gesto come di stupore, evidenziato dal panno rosa gonfiato dal vento alle sue spalle.
Le gambe nude sono proiettate verso lo spettatore, mentre il busto, vestito di un corpetto violetto con ombre cangianti in verde, è rovesciato all'indietro. La muscolatura titanica traspare dalla veste attillata e il braccio sinistro abbraccia il corpo fino al lato opposto, mentre quello destro è appoggiato indietro, con la mano sollevata che sembra indicare con un gesto.
Il suo sguardo segue l’inclinazione del busto e si fissa sul primissimo atto di Dio che crea la luce.

AFFINITÀ
Non è casuale la scelta che opera Michelangelo nel posizionare questo profeta proprio sopra il Giudizio e soprattutto sopra il Cristo.
Giona infatti viene considerato il prefiguratore della risurrezione di Gesù poiché come lui dopo tre giorni tornò alla vita fuoriuscendo dal ventre del pesce che l'aveva inghiottito. Ciò è anche detto chiaramente nel Vangelo secondo Matteo (12, 38-40): «nessun segno le sarà dato [a questa generazione], se non il segno di Giona profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra». Giona, rappresenta dunque il nesso ai periodi storico-religiosi antecedenti e successivi alla nascita di Gesù.
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sabato 21 aprile 2012

Breve Introduzione



Questo blog è un esperimento didattico che prende spunto da alcune attività ideate da un collega nelle scuole superiori di Vicenza. "Quellavoltadimichelangelo" nasce  dall'esigenza di  dare spazio ad alcuni commenti personali delle alunne di una classe IV Liceo. Sono commenti che probabilmente non troverebbero il giusto spazio nelle ore di storia dell'arte del mattino; ore che, di fronte ad alcuni grandi nomi della storia dell'arte, come in questo caso quello di MICHELANGELO, sembrano davvero non bastare mai. La Volta della Cappella Sistina, per la sua varietà iconografica, sarà l'oggetto di queste analisi personali.